Pur considerando il trasferimento coatto un'ingiustizia e «la sede di Palermo, sopra tutto dal punto di vista artistico, un'assoluta rovina e la fine per un musicista» (1), Fano si dedica anche qui con fervore all'amministrazione del conservatorio, alla didattica e all'organizzazione della vita musicale. Continua a dare concerti in formazioni da camera, in particolare con il violinista Franco Tufari (2), conquistando pubblico e critica che gli riconoscono «un tocco nobilissimo ed un modo d'eseguire proprio dei grandi maestri» (3).


Fano con (da sinistra a destra) Olivieri, Tufari e Morella

Nei primi mesi del 1917 compone il Quintetto in do maggiore per pianoforte e archi, la sua ultima composizione prima di un lungo periodo (quindici anni) di inattività creativa. La Rivista americana The Musical Quarterly pubblica, nel numero di luglio del 1917, la traduzione inglese dell'ultimo capitolo del suo libro Nella vita del ritmo, dal titolo The creators of modern musical idealities .


The Musical Quarterly del luglio 1917

Anche il periodo palermitano è però caratterizzato da lotte e aspre polemiche; perciò, stanco degli obblighi amministrativi che l'ufficio di direttore di conservatorio comporta e degli attacchi di cui è bersaglio, nel 1919 chiede di tornare all'insegnamento in un conservatorio della penisola, indicando come discipline predilette il pianoforte, la composizione, la direzione d'orchestra e la musica d'insieme.


Caricatura di G. A. Fano e del figlio Fabio ("Piccolo" di Palermo, 23 agosto 1917)

 

Note:
(1) Lettera di Fano a destinatario non identificato, 12 novembre 1916.
(2) Napoli 1884 - Milano 1960.
(3) L'Ora , Palermo, 1 maggio 1917.

 

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